Comune di San Giovanni Rotondo
Assessorato Urbanistica - Ufficio del P.R.G.

 


Cenni geologici sul Prontorio del Gargano
estratto da: "La geologia del pantano di S.Egidio".

Michele Morsilli
Università di Ferrara

1.1 Introduzione

Descrivere la geologia di un’area ristretta, come quella del Pantano di S. Egidio, non è un compito facile quando si vuole raggiungere un pubblico che ha poca dimestichezza con le Scienze della Terra e con la complessa struttura del Promontorio del Gargano. In questa breve nota, in parte ripresa da un studio generale sulla fattibilità del ripristino dell’antico Lago di S. Egidio commissionato da Legambiente di S. Giovanni Rotondo nel 1996, cercherò di semplificare il più possibile sia i vari termini scientifici che soprattutto i vari concetti che permettono di inquadrare la storia geologica del Gargano e in particolare quella del Pantano di S. Egidio, mentre per i miei colleghi le numerose citazioni bibliografiche aggiornate al 1998 possono rappresentare lo strumento di approfondimento per i settori di loro interesse.

Le rocce rappresentano per noi geologi una sorta di nastro magnetico dove sono registrate numerose informazioni sulla storia di una determinata regione. Ma, molto spesso, il “nastro magnetico” non è completo oppure è molto disturbato e questo complica notevolmente il nostro lavoro e ci costringe a fornire delle interpretazioni più o meno plausibili sulla base dei dati a disposizione. La storia del Gargano è stata ricostruita proprio in questa maniera utilizzando i vari affioramenti rocciosi e decifrando il loro contenuto.

Per illustrare la storia geologica di una regione bisogna fare un viaggio indietro nel tempo, per poter ricostruire a ritroso le varie vicissitudini che ha subito durante la sua esistenza. Quello che osserviamo oggi con i nostri occhi girando per il Gargano è il prodotto di tre fasi principali quali la formazione delle rocce che lo costituiscono, il loro sollevamento e il successìvò modellamento superficiale.

 

1.2 - La formazione delle rocce garganiche.

Come accennato prima, il nostro viaggio nel tempo inizia circa 160 milioni di anni fa (Ma) nel periodo Giurassico, quando si sono depositate le rocce più antiche che oggi sono visibili in affioramento. Informazioni su rocce ancora più antiche di queste provengono dai pozzi esplorativi per la ricerca di idrocarburi (Agip, Conoco) effettuati negli ultimi decenni in varie parti del Gargano (Morsilli, 1998) e da un piccolo affioramento, ormai famoso in tutto il mondo, visibile (ancora per poco) alla Punta delle Pietre Nere, nei pressi di Marina di Lesina (Bigazzi et al., 1996).

La geografia giurassica, o meglio la paleogeografia dell’area in cui si depositavano i sedimenti che oggi costituiscono le rocce garganiche era molto diversa da quella attuale. Infatti, non esisteva quasi niente di quello che vediamo attualmente, non c’era la catena appenninica, il Tavoliere delle Puglie, le Murge, la catena dinarica ecc. Tutta l’area oggi occupata dall’Italia meridionale era un susseguirsi di aree di mare poco profondo, in cui si depositavano sabbie e fanghi carbonatici spesso bordati da scogliere coralline, chiamate dai geologi piattaforme carbonatiche (nel nostro caso la Piattaforma Apula), separate da stretti e a volte profondi bracci di mare denominati bacini (Fig. 1)(D’Argenio, 1970; Zappaterra, 1990, 1994).


Fig. 1 - Ricostruzione paleogeografica dell’Italia
meridionale durante il Mesozoico (le aree grigie
rappresentano i non bacini mentre le aree
in mattonato rappresentano le piattaforme
carbonatiche). Modificato da Zappaterra, 1990.

Oltre alla conformazione geografica completamente differente da quella odierna anche la latitudine e quindi le condizioni climatiche erano molto diverse. Infatti, in alcune zone del Gargano la presenza di rocce che contengono al loro interno fossili di coralli indicano che questi sono vissuti in un clima tropicale e non sicuramente alle attuali latitudini cui si trova attualmente il nostro promontorio.
Queste condizioni climatiche e paleogeografiche (piattaforme e bacini) persistono per tutto il periodo compreso tra il Giurassico e l’Eocene (da 160 Ma fino a 40 Ma) e solo in parte durante il Miocene (circa 15 Ma). Per avere un’idea di come poteva essere l’area garganica insieme al resto dall’Italia meridionale durante quel periodo possiamo immaginarci di viaggiare fino alle Isole Bahamas: è proprio qui ritroviamo tutti quegli ambienti spiagge isolotti, lagune, piane di marea, scogliere coralline aree di mare.profondo ecc. in cui si sono depositate la maggior parte delle rocce garganiche. Sicuramente, per molti sarebbe preferibile ritrovarsi in un paradiso tropicale caraibico, ma dovremmo rinunciare a quella miriade di scorci incantevoli che ci riserva l’attuale Gargano. I sedimenti che oggi costituiscono le rocce garganiche si sono depositati in vari ambienti deposizionali che possono essere schematizzati in questo modo (Fig. 2):


Fig 2- Paleogeografia del Gargano durante il Mesozoico.
1) aree lagunari -2) dune subacquee oolitiche; 3) scogliera corallina;
4) aree di scarpata e bacino; 5) faglie principali (Faglia di Mattinata).
Da Morsilli &Bosellini, 1997)
.

1 - piana di marea e laguna (tidal fiat-lagoon) era una vasta area influenzata in parte dalle correnti di marea deposizione di fanghi carbonatici con passaggi a delle aree tappezzate di alghe (stromatoliti) e spesso solcate da numerosi canali tidali I sedimenti depositatesi in questo ambiente trasformati oggi in rocce occupano tutta la parte sud-occidentale del Gargano da Sannicandro fino a Regnano Garganico e verso est fino a Monte Calvo;
2 - dune subacquee (oolitic shoals), spostandosi verso il mare aperto esisteva un’estesa fascia sabbiosa di dune subacquee che m alcuni casi potevano emergere a formare delle piccole isole di sabbia bianchissima. Questa fascia sabbiosa bordava le aree lagunari e occupava una zona più o meno ampia da Manfredonia fino a Monte d’Elio nella parte nord-orientale del promontorio;
3 – scogliera (reef), subito a ridosso della fascia sabbiosa durante il Giurassico e 1 inizio del Cretaceo si era formata una zona arcuata in cui proliferavano vari organismi in grado di fissare nel loro guscio il carbonato di calcio, come numerose specie di coralli e altri organismi ormai estinti (Ellipsactnie) (Fig. 3).


Fig. 3 - Fossili di coralli (a) e di altri organismi costruttori (Ellipsactinie in b)
presenti in alcune formazioni rocciose del promontorio del gargano. Da Morsilli, 1968.

Questa fascia arcuata che oggi occupa la zona compresa tra Monte Sacro e Torre Mileto costituiva il bordo della piattaforma e proteggeva le aree interne dall’azione demolitrice delle onde.
4 - pendio deposizionale e bacino (slope to basin), il fondo del mare che esisteva ad est della Piattaforma Apula (vedi Fig. 1), chiamato Bacino Ionico o Bacino est-Garganico (D’Argenio 1970; Zappaterra 1990) era collegato alla piattaforma attraverso un pendio sottomarino con varia inclinazione (da 15.º fino a 30º) (Morsilli & Bosellini, 1997). Lungo questo pendio si depositavano vari tipi di sedimenti ed erano frequenti delle enormi frane che si andavano ad accumulare al piede di questa scarpata, mentre nel bacino si depositavano prevalentemente i gusci dei foraminiferi planctonici sia calcarei che silicei attraverso una incessante “pioggia”. Queste due aree interessavano tutta la fascia orientale del Gargano da Mattinata-Vieste fino a Rodi Garganico. Da questo quadro generale degli ambienti di sedimentazione si può notare che tutte le rocce garganiche, almeno quelle comprese tra il Giurassico e il Pliocene (da 160 Ma fino a circa 2 Ma), si sono formate in un ambiente marino, in aree poco profonde fino a profondità superiori ai 600-700 m (Bosellini et al., 1993; Bosellini & Morsilli, 1994; 1997; Morsilli & Bosellini, 1997; Bosellini et al., in stampa).

1.3 - Il sollevamento del gargano Come abbiamo visto precedentemente le rocce che costituiscono il Promontorio del Gargano si sono formate in un ambiente marino, mentre attualmente esse si trovano a varie altezze rispetto al livello del mare odierno. Quindi, per spiegare la causa di questa “emersione” del promontorio si possono ipotizzare due meccanismi. Il primo meccanismo responsabile dell’emersione di una determinata regione può essere legato alle oscillazioni del livello marino causate prevalentemente dalle fasi di glaciazione e deglaciazione che hanno interessato il nostro pianeta in varie ere geologiche. Ma le oscillazioni del livello del mare registrate nelle varie ere sono dell’ordine di grandezza al massimo di qualche centinaio di metri, mentre molte aree garganiche raggiungono quote superiori ai 1.000 m. Da questo si può notare che solo alcune zone costiere possono essere state influenzate da queste variazioni del livello marino, mentre per tutte le altre bisogna ipotizzare altri meccanismi. Nel caso del Gargano, come per numerose catene montuose, il meccanismo responsabile del suo sollevamento va ricercato nella dinamica interna del nostro pianeta (Tettonica delle Placche). Come tutti sanno, la Terra è suddivisa in numerose placche che interessano il suo involucro esterno (la Litosfera) Queste placche sono in continuo movimento tra di loro e lungo i loro bordi si osservano la maggior parte dei fenomeni catastrofici come i terremoti e le eruzioni vulcaniche. Semplificando notevolmente questo quadro globale, si può paragonare la superficie terrestre ad un enorme “autoscontro” planetario, in cui le catene montuose rappresentano il risultato o le “ammaccature” di queste collisioni. Le rocce, come le lamiere di un automobile, vengono ripiegate, contorte, deformate e anche lacerate. Queste collisioni, pero, non sono istantanee ma avvengono lentamente e possono durare milioni di anni. Per ritornare al Gargano, la collisione responsabile della formazione delle varie catene montuose italiane anche se con tempi differenti, è quella avvenuta tra la Placca Africana e la Placca Europea. Il lento movimento di avvicinamento tra queste due masse continentali, iniziato nel Cretaceo superiore (circa 70 Ma) ha creato prima la catena alpina e successivamente gli Appennini. L’area gargamca pur se dal punto di vista geologico non è una vera e propria catena montuosa (zona di avampaese), indirettamente ha subito gli effetti dei movimenti relativi tra le due placche e in particolare gli sforzi dovuti all’avvicinarsi prima della catena dinarica e successivamente di quella dell’Appennino meridionale. Semplificando il tutto, il Gargano e in particolare le sue rocce sona state in parte strizzate” tra queste due catene montuose, e l’effetto di questa compressione e per alcuni autori la struttura stessa del Gargano (una blanda piega con asse orientato NO-SE) (Ortolani & Pagliuca, 1989; Bertotti et al., m revisione), mentre per altri autori le rocce garganiche si sono comportate in maniera essenzialmente fragile cioè fratturandosi e dando luogo alla miriade di faglie (fratture della roccia in cui si ha movimento tra i due lembi) che interessano il nostro promontorio (Fig. 4) e che sono responsabili dei numerosi terremoti che tutti noi conosciamo per esperienza diretta (Finetti el al., 1989; Tozzi el al., 1989; Funiciello el al., 1992; Ricchetti el al., 1992; Mele el al., 1992; Favali el al., 1992).


Fig. 4- Interpretazione delle lineazioni (faglie) visibili dal satellite Landsat-TM e
ubicazione dei paesi garganici. La linea tratteggiata in direzione NO-SE
rappresenta la faglia del Torrente Candelaro che divide il Tavoliere delle Puglie
dal Gargano. La faglia di Mattinata in direzione E-0 passa in corrispondenza
degli abitati di San Marco in Lamis, San Giovanni Rotondo, Monte S. Angelo e Mattinata.

Il primo sollevamento d’una certa entità del Gargano, dai dati recenti (Bertotti el al., in revisione), sembra essere iniziato nel Miocene (circa 5 Ma) e proseguito con fasi alterne nel Pliocene, quando questa regione inizia ad assumere la morfologia attuale, contemporaneamente plasmata dall’azione degli agenti atmosferici e del fenomeno carsico. Anche nel Pleistocene, quando l’Uomo fa la sua comparsa sul promontorio, e fino ad oggi continuano, anche se blandamente, i movimenti di sollevamento testimoniati dall’attività sismica. Da quanto sopra, e anche per poter in seguito spiegare la formazione del Pantano di S. Egidio, si può notare che le faglie sono responsabili oltre che dei terremoti anche in parte del sollevamento del Gargano. Infatti, ogni piccolo o grande terremoto si genera quando l’energia accumulata nelle rocce supera la loro resistenza e queste si “rompono”. La rottura, avviene attraverso la fratturazione delle rocce che si spostano tra di loro (faglie) e l’energia viene dissipata sotto forma di onde sismiche e calore. Tanti piccoli spostamenti lungo i lembi individuati dalle faglie (che per i nostri terremoti sono al massimo di qualche decina di centimetri), per un tempo abbastanza lungo come quello intercorso dal Miocene ad oggi, oltre agli inarcamenti a piccola e grande scala (piaghe) possono spiegare abbastanza bene come il gargano sia arrivato nelle sue cime più elevate a superare i 1 000 m di altitudine. Le varie faglie riscontrabili nel Gargano possono essere raggruppate in tre sistemi principali:
1) faglie ad orientamento NO-SE (appenniniche);
2) faglie ad orientamento E-0 (garganiche);
3) faglie ad orientamento NE-SO (antiappenniniche) (Fig. 4).
Queste faglie si sono mosse in vario modo durante la loro esistenza, che per alcuni risale addirittura al Mesozoico (Masse & Borgomano, 1987; Chilovi et al., 1997; Borromeo et al., 1998), sia lungo il piano orizzontale (faglie trascorrenti) che lungo il piano verticale (faglie dirette e inverse). Le faglie ad orientamento E-0 assumono notevole importanza nel contesto strutturale garganico, in quanto la maggiore rappresentante di questa categoria corrisponde alla ormai famosa “Faglia di Mattinata”, che divide praticamente in due il Gargano e sul suo allineamento o in prossimità di esso sono sorti numerosi comuni come San Marco in Lamis, S. Giovanni Rotondo, Monte S. Angelo e Mattinata. Questa faglia è conosciuta anche come: faglia di Valle Carbonara; faglia Sud-Garganica; Gargano Fault, allineamento S. Marco in Lamis-Monte S. Angelo; linea di Gondola in offshore. Esistono pareri contrastanti sul tipo e senso di movimento di questa faglia, per alcuni si tratterebbe di una trascorrente destra (Guerricchio, 1983, 1986; De Dominicis & Mazzoldi, 1989; Favali et al., 1992; Finetti et al., 1989; Ricchetti et al., 1992), per altri di una trascorrente sinistra (Tozzi et al., 1989; Funiciello et al., 1992; Mele et al., 1992), infine, è stata considerata come faglia inversa da Ortolani & Pagliuca (1989). In ogni caso si tratta di una struttura complessa e che probabilmente ha agito in diversi modi rispetto agli sforzi applicati (Morsilli, 1994; Chilovi et al., 1997).

1.4 - Il modellamento superficiale del Gargano Per concludere questo quadro generale del promontorio garganico bisogna considerare l’ultimo meccanismo responsabile della conformazione morfologica attuale del Gargano, cioè l’azione di modellamento delle acque superficiali e sotterranee unnitamente ai fattori climatici conosciuti' con il termine di agenti esogeni, Questi agenti hanno iniziato ad operrare, come accennato prima, in concomitanza con il sollevamento dell’area e hanno continuato il loro incessante lavorio fino ad oggi donandoci l’enorme varietà di paesaggi e morfologie che fanno del Gargano un ambiente unico nel suo genere; dai campi incarsiti e costellati di centinaia di doline ai ripidi e scoscesi valloni orientali. Ma il risultato di questi “scultori’, dipende anche dal materiale a loro disposizione e quindi dalle rocce sottostanti e dalle strutture tettoniche ereditate dalla fase di sollevamento. In alcune zone garganiche, come i pianori esistenti nella parte meridionale, anche l’azione di abrasione marina ha influito sulla conformazione morfologica di quest’area. Osservando le foto riprese dai satelliti, oppure analizzando le carte topografiche del Gargano è possibile notare la grande differenza di morfologie esistenti tra la parte occidentale e quella orientale. Infatti, nella prima manca quasi del tutto l’idrografia superficiale e le morfologie carsiche (doline, grave, campi solcati, polje ecc.) caratterizzano il paesaggio, mentre ad oriente il fenomeno carsico risulta poco sviluppato e il paesaggio è caratterizzato da numerosi solchi vallivi di vario ordine. Questa differenza di caratteri morfologici, segue a grandi linee la divisione esistente tra le rocce formatesi in acque basse e quelle depositatesi lungo il pendio e il bacino (vedi Fig. 2).